Pubblicato su l’Unità
Un compromesso ragionevole tra esigenze politiche profondamente diverse che si sono confrontate in un lungo braccio di ferro, così i più hanno giudicato l’accordo per la cancellazione dell’Imu sulle prime case siglato dal governo. Basta scorrere i commenti dei giornali di ieri che esprimevano i giudizi i più disparati, a seconda dell’area di riferimento. Da qui ci si rende conto che il compromesso effettivamente c’è stato, anche se è ancora troppo presto per giudicare i suoi contenuti e per parlare di vincitori e vinti. Molto dipenderà dalle decisioni che verranno prese nei prossimi mesi, nel percorso a tappe disegnato dal governo e che dovrebbe condurre al superamento dell’Imu sull’abitazione principale.
Un primo dato positivo è che unitamente allo stop alla rata di giugno e l’impegno ad annullare la seconda a metà ottobre si sono approvate una serie di misure, quali il piano casa per i muti agevolati, la deducibilità per le imprese, i nuovi fondi per la cassa integrazione che possono tutte contribuire positivamente al sostegno della domanda e di qui alla possibile ripresa economica.
Per quanto riguarda l’Imu, il solo dato certo è per ora rappresentato dall’abolizione della prima rata. Per la sua copertura è tutto deciso (o quasi) ed è in qualche modo positivo in un Paese come l’Italia, che vanta una tra le più alte pressioni fiscali d’Europa, non aver fatto ricorso a nuove imposte, di cui si era invece molto parlato nei giorni scorsi. Per la copertura della seconda rata (circa 2,4 miliardi di euro), invece, è tutto in alto mare e verrà decisa nel decreto legge del governo a metà ottobre, in accompagnamento con la legge di stabilità. Le ipotesi sono molte e in questo caso è importante sia che non si ricorra a nuovi aggravi impositivi sia, soprattutto, che non si finisca per gravare sulle spalle di chi ha meno.
È ancora difficile dire, allo stesso tempo, se e come si arriverà a un’abolizione totale della tassa patrimoniale sulle prime case, un vero e proprio cavallo di battaglia del Pdl, anche nelle ultime elezioni. La totale abolizione dell’Imu – ricordiamolo – è stata giudicata da molti, economisti e organizzazioni internazionali (Ocse, Fmi, Commissione europea), come una misura poco efficiente e poco equa. Il carico fiscale dei servizi indivisibili, che sono forniti dai comuni (come l’illuminazione, la polizia locale, etc), verrebbe in effetti redistribuito dai proprietari di case, anche i più ricchi, a tutti gli altri contribuenti, senza alcuna apparente logica e in controtendenza rispetto a quanto avviene in tutti i Paesi più avanzati.
Nel disegno del governo la nuova imposta comunale, la cosiddetta Service tax, è destinata a inglobare l’Imu insieme alla tassa sui rifiuti e a una nuova tassa proprio sui servizi comunali indivisibili. Molto allora dipenderà dall’evoluzione di questa imposta comunale che verrà introdotta a partire dal prossimo anno. Essa rappresenta per certi versi un fatto positivo perché va nella direzione del federalismo fiscale. A condizione, tuttavia, che la sua applicazione non porti a nuovi aggravi per i cittadini dal punto di vista delle imposte da pagare. Ed è già successo molte altre volte in passato, purtroppo. Vedremo comunque tra breve come funzionerà la nuova tassa, dal momento che saranno i sindaci a stabilirne entità e modalità di applicazione nell’ambito dei limiti fissati dalla legge statale. Uno dei criteri da fissare più importanti riguarderà la base imponibile: potrà essere la superficie dell’immobile o la sua rendita catastale o un mix tra i due. È anche da decidere chi pagherà l’imposta, tra affittuari e proprietari, con ricadute evidentemente, anche in termini distributivi, assai diverse nei vari casi.
Tutto questo fa capire come non sia ancora affatto chiaro il destino che attende la tassa patrimoniale sulle prime case. Ci sarà molto da lavorare in vista della legge di stabilità a ottobre allorché verranno prese dal governo queste e altre decisioni assai importanti. In primo luogo verso l’Europa, visto che quest’anno per la prima volta la legge di stabilità verrà definita in un confronto serrato con la Commissione europea. In secondo luogo perché dovranno essere definite le priorità della nostra politica economica, che oggi si identificano con le misure da varare per aumentare le possibilità di agganciare la ripresa internazionale, aumentare l’occupazione e ripristinare principi di eguaglianza fondamentali nella ripartizione dei costi di aggiustamento. Sarà compito del Partito democratico, che non può essere negato, al di là dell’onorevole compromesso raggiunto, ha giocato sulla difensiva questa partita dell’Imu, incalzare il governo perché queste finalità siano perseguite stabilendo una sorta di legame inscindibile tra crescita, occupazione e equità in questa fase.