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Legge di stabilità e la ripresa che si fa più difficile

Pubblicato su L’Unità

Nuove informazioni e moniti sono venuti negli ultimi giorni dall’Istat e dalla Banca d’Italia sull’accresciuta incertezza che minaccia da vicino l’agognata ripresa attesa entro fine anno e di cui si parla ormai da mesi. Un ruolo particolarmente rilevante potrebbe assumere, a questo riguardo, la legge di Stabilità unitamente alle modifiche che verranno apportate in Parlamento durante il percorso di conversione. Per tornare a crescere è necessaria innanzi tutto la rinnovata fiducia delle famiglie e imprese italiane. L’Istat ci ha informato che tale fiducia, in realtà, ha accusato a ottobre una nuova diminuzione dopo la serie di aumenti degli ultimi mesi. L’altro ingrediente fondamentale, ovvero l’accelerazione della domanda interna e in particolare della componente investimenti, mostra tuttora dinamiche incerte e nel complesso assai modeste. Ora, le variabili in grado di influire in positivo su entrambi questi andamenti sono molteplici, a partire dal grado di stabilità del quadro politico. Tra di esse figura comunque in primo piano la legge di stabilità in discussione al Senato. Le critiche più ricorrenti, che sono derivate dalle audizioni in commissione Bilancio e con cui si è aperto in questi giorni il percorso parlamentare, hanno riguardato il modesto impatto macroeconomico della legge di Stabilità e quindi i trascurabili stimoli alla crescita che ne deriveranno. È un argomento da considerare molto seriamente proprio per le tendenze più recenti del quadro economico a cui si è fatto sopra riferimento. Ai fini di interventi in grado di modificare e rafforzare la legge è importante distinguere le misure che potranno incidere a breve termine, fornendo sostegno alla domanda aggregata (consumi e investimenti), dalle misure in grado di incidere più nel medio periodo, sulle debolezze strutturali che limitano la capacità d’offerta e, più in generale, la produttività della nostra economia. Sul primo versante due appaiono le aree di maggiore interesse. La prima riguarda il credito alle imprese e alle famiglie e l’assoluta necessità di incrementarlo. I prestiti alle imprese, soprattutto piccole e medie, hanno subito un forte calo e dalla fine del 2011 si stima siano diminuiti di oltre 70 miliardi di euro. Dietro queste cifre si nascondono naturalmente problemi strutturali del nostro sistema finanziario, noti da tempo, e su cui è necessario intervenire. È altrettanto evidente, tuttavia, che occorrono misure in grado di stimolare da subito un rinnovato flusso di prestiti all’economia reale se vogliamo che l’economia riparta nei prossimi mesi. La legge di Stabilità ha previsto il rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, ma per importi assai inferiori ai fabbisogni stimati. È necessario fare di più. La proposta può essere in questo caso di allargare la piattaforma di garanzie pubbliche per l’accesso al credito di imprese e famiglie. Attraverso un’attenta individuazione delle tipologie dei finanziamenti agevolabili e delle modalità di accesso ai fondi creati si potrebbe ottenere, con l’impiego di modeste risorse, un effetto moltiplicativo assai consistente, stimabile intorno ai 60- 80 miliardi di euro di nuovi prestiti nel triennio 2014-2016. La conferma viene da modelli già da tempo operativi in altri paesi europei e che sono stati in grado di attivare – come ad esempio in Germania – flussi di credito significativi e in tempi brevi verso l’economia reale. La seconda area d’intervento a cui guardare è legata alla possibilità di sbloccare un consistente flusso di investimenti e spese in conto capitale degli enti locali, in particolare i comuni, con un grande impatto economico e sociale. Attraverso l’allentamento del patto di stabilità interno per 1 miliardo di euro la legge di stabilità ha previsto la possibilità per gli enti locali di effettuare pagamenti in conto capitale. È una cifra importante ma ancora sensibilmente inferiore allo stock di avanzi accumulati e che potrebbe essere tramutato in capacità di spesa effettiva con un forte impatto moltiplicativo sull’economia reale. A questo fine si tratterebbe di dare carattere strutturale a tale intervento, estendendone l’orizzonte temporale e prevedendo a regime una sorta di «golden rule» per le spese dei comuni in grado di generare sviluppo. Anche in questo caso le risorse aggiuntive da impiegare potrebbero essere agevolmente trovate. Sono solo due esempi quelli qui presentati e che mostrano opportunità di intervento significative. Potranno essere utilizzate dal Parlamento nel percorso di conversione della legge di Stabilità con la finalità di rafforzare il suo impatto e con esso le probabilità di uscita dalla fase recessiva degli ultimi anni e l’avvio di una prima auspicabile ripresa della nostra economia. Non sarà la grande sterzata di cui continuano a favoleggiare alcuni, ignorando gli stringenti vincoli di risorse esistenti, ma è un cambio di direzione che varrà la pena sostenere.