Pubblicato su l’Unità
Il nuovo governo guidato da Matteo Renzi ha ottenuto la fiducia del Parlamento sulla base di un programma economico molto ambizioso, ma in cui politiche e riforme da attuare sono state per ora solo elencate. I titoli sono quelli giusti: dalla necessità di riforme del lavoro, al fisco e alla necessità di tagliare i lacci della burocrazia.
Ma troppa genericità c’è sulla loro attuazione e sulle cospicue coperture finanziarie da reperire. Servono indicazioni ben più precise da parte del governo. Servirebbe una sorta di foglio excel che includa le cose da fare e ne specifichi tempi e risorse a cui attingere.
Il dato di partenza è positivo: l’insediamento del governo Renzi ha creato aspettative davvero elevate, come conferma il miglioramento di svariati indicatori che misurano le attese degli operatori sulle prospettive dell’economia e l’ulteriore discesa dello spread verificatosi in quest’ultima settimana. Anche le priorità d’intervento sono largamente condivisibili e riguardano il sostegno alla domanda e il piano di riforme innanzi tutto su temi quali lavoro, fisco, credito e pubblica amministrazione. Anche alla luce degli ultimi dati sulla disoccupazione che hanno ulteriormente allarmato un po’ tutti (è arrivata al 12,9% il più alto tasso da molti decenni e al 45,3% per la disoccupazione giovanile).
Risorse e tempi di realizzazione di questi interventi, tuttavia, sono tutti da definire e verificare. Il fatto è che le risorse finanziarie per la copertura erano già poche ai tempi del governo Letta e continueranno ad essere assai scarse anche per il nuovo governo. Sulla copertura, in effetti, non bastano i generici riferimenti alla «spending review» dal momento che difficilmente potrà tagliare le spese più di 5-6 miliardi nel 2014. Anche il riferimento alla Cassa depositi e prestiti come veicolo strategico per favorire il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione e l’intermediazione creditizia a favore delle piccole e medie imprese è certamente interessante e da appoggiare, ma anche qui con le dovute specificazioni e quantificazioni, visto che anche la Cassa non ha risorse illimitate e va impiegata al meglio. Resta poi tutta da verificare l’ipotesi, avanzata in questi giorni, di negoziare il pagamento immediato di almeno la metà delle risorse stanziate dal bilancio comunitario per i fondi strutturali e destinate al nostro Paese nell’esercizio 2014-2020 per ottenere che queste risorse vengano destinate sia al taglio del cuneo fiscale che al saldo dei debiti commerciali della Pa.
Infine, la più volte citata armonizzazione delle aliquote sulle rendite finanziarie vale in realtà solo poche centinaia di milioni di euro una volta tenuto conto delle partite di giro.
Quello delle risorse necessarie a finanziare l’azione del governo resta dunque il dubbio principale. Difficile parlare di investimenti, di riforma degli ammortizzatori, di taglio significativo del cuneo, se si vorranno anche rispettare i vincoli finanziari, senza aumentare il disavanzo pubblico oltre il 3 per cento. In quest’ultimo caso si ricadrebbe nella procedura d’infrazione europea, eventualità quest’ultima che Renzi sembra aver per ora giustamente accantonato, per i costi e le ricadute pesantemente negative che comporterebbe in questa prima fase di attività dell’esecutivo.
Vi sono pochi dubbi, pertanto, che il governo abbia come prima necessità di precisare in dettaglio obiettivi, procedure e coperture finanziarie delle singole misure elencate nel programma. Anche per reprimere sul nascere quella ridda di ipotesi e proposte che già si è scatenata sui media sollevando più che altro – come già avveniva spesso in passato – incertezza e confusione, come nel caso della tesi, poi smentita, di un aumento delle tasse sui titoli di Stato.
Ma una lista delle cose da fare e dei relativi costi, per quanto utile, non basta. Altrettanto importante per la credibilità dell’esecutivo è che le azioni da intraprendere siano inserite in una strategia complessiva, in una prospettiva d’insieme che dia conto delle interrelazioni significative che esistono tra i diversi problemi da affrontare. Ciò comporta da parte del governo la capacità di selezionare poche decisive misure e riforme, secondo un ordine di priorità strategiche, che tenga conto innanzi tutto della estrema scarsità – come si è detto – delle risorse finanziarie a disposizione. Ne va della possibilità di innestare da subito un clima di nuova fiducia nel Paese, da parte di famiglie e imprese, che rappresenta un ingrediente insostituibile di un credibile progetto di rilancio economico.
Tenendo conto altresì che c’è oggi grande liquidità in giro e per una serie di ragioni, legate alla fase attraversata dall’economia mondiale, il nostro Paese, imboccando la strada della crescita, potrebbe diventare interessante sotto molti aspetti per i grandi investitori istituzionali internazionali. Per non parlare, infine, della credibilità dell’azione del Governo nei confronti delle autorità europee e dei mercati internazionali che non potrà certo basarsi su qualche piano generico.
A questa promettente apertura di fiducia si contrappone per ora l’indeterminatezza del programma economico del nuovo governo, sia in termini di obiettivi che di coperture finanziare che sono in larga misura pressoché tutte da definire.