Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il Gruppo del PD voterà a favore del rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2012 e dell’assestamento di bilancio per l’anno 2013 per una serie di ragioni che proverò qui a riassumere in questo breve intervento. La prima – ed è stata ricordata anche da altri è che il rendiconto 2012 offre piena conferma del poderoso e sotto molti aspetti positivo processo di aggiustamento dei conti pubblici realizzato durante lo scorso anno e nella prima parte di questo anno. Ha comportato ben tre manovre correttive da 81,3 miliardi. Siamo così passati dal possibile default finanziario del nostro paese nel novembre 2011-con il rischio di non poter finanziare più sul mercato dei capitali i titoli del nostro debito pubblico – al pressoché pareggio strutturale di questi mesi. Un risultato, quest’ultimo, che non va certo trascurato, come invece fatto da alcuni durante il dibattito, soprattutto se si vogliono stilare utili resoconti di questa fase. È un risanamento certo costoso, che ha determinato l’impennata della nostra pressione fiscale oltre il 44 per cento (era al 42,6 nel 2011), tre punti in più della media europea. Ma l’impennata della pressione fiscale non è stata la sola leva utilizzata, come si continua a sostenere da parte di molti. Se andiamo a vedere i dati del Rendiconto 2012, troveremo che un contributo è venuto anche dalla spesa primaria corrente, quella al netto degli interessi: nel biennio 2011-2012 è rimasta sostanzialmente stabile in termini nominali. E’ certamente vero che è solo un primo parziale risultato, ma si sbaglierebbe a sottovalutarlo perché comunque non si verificava da decenni. Grazie all’aggiustamento realizzato, l’Italia, come è stato ricordato, è uscita dalla procedura europea di deficit eccessivo; questo ha aperto nuove opportunità e offerto gradi di libertà aggiuntivi alle politiche di bilancio, soprattutto in vista del prossimo anno. Senza sottovalutare la ritrovata credibilità e il ruolo da protagonista recuperato dal nostro Paese in campo europeo e internazionale. Ma è vero che il riposizionamento italiano ha prodotto i maggiori costi per l’economia reale – come sappiamo – con una recessione produttiva e un aumento della disoccupazione così intensi e prolungati come non si era mai verificato – anche in questo caso – da decenni. A questo ha dato un contributo significativo anche il contesto europeo, prostrato oltremodo da politiche inadeguate perché eccessivamente restrittive. Di qui l’esigenza, ora, di una nuova fase, con la necessità di ridefinire gli obiettivi della funzione di politica economica del nostro Paese in chiave di rilancio della crescita e lotta alla disoccupazione, pur nel rispetto dei vincoli di bilancio fissati dall’Europa. È quanto ha cominciato a fare e sta facendo il Governo Letta – come emerge anche dai dati nel DL di assestamento – con misure da un lato intraprese in questi mesi per vidimare la nostra ritrovata virtù fiscale e, dall’altro, misure che si muovono a cavallo tra l’emergenza e il rilancio economico. Ma queste manovre, come sappiamo, si scontrano con risorse a disposizione assai scarse e margini di bilancio molto ristretti. In altri termini, la coperta del bilancio resta corta, troppo corta, tanto più che la flessione del PIL di quest’anno, prevista dell’1,8 per cento, non potrà che ridurre ancora di più questi margini. Al momento, il Governo conferma l’obiettivo del raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali, ma occorrerà, e qui sono d’accordo con quanto detto da altri, la massima vigilanza. Non solo perché c’è un’incidenza dello stock di debito sul PIL che rimane molto alta, ma perché uno sforamento, anche modesto, ci proietterebbe oltre il tetto massimo del 3 per cento, che significherebbe rientrare nella procedura di disavanzo eccessivo, perdendo così quei margini di flessibilità che, proprio a partire dal prossimo anno, potremmo invece in qualche modo utilizzare. È una partita, quest’ultima, che a conti fatti vale tra gli otto e i dieci miliardi. Non dimentichiamolo.
Il Partito Democratico ritiene che ci sia comunque bisogno di fare altro, di andare oltre la mera austerità e la sola emergenza dei vincoli. Perché bisogna innanzi tutto aggredire le carenze strutturali del nostro Paese che sono alla base del ristagno e delle insopportabili disuguaglianze esistenti nella nostra società.
Sappiamo che il Governo punta sul ritorno alla crescita. Una crescita che si dovrebbe materializzare a partire dal quarto trimestre. Ci sono già dei segnali positivi in Europa, in minor misura da noi. Ma dopo cinque anni di crisi non ci possiamo certamente accontentare di questi germogli. Perché non basta, né per le imprese, tantomeno per l’occupazione, uscire dalla recessione con tassi di crescita di poco superiori allo zero. E per non sprecare queste opportunità di ripresa sono necessari interventi di politica economica importanti su almeno tre fronti. Il primo: continuare a ripagare la maggior parte dei debiti della pubblica amministrazione, come si è cominciato a fare. Il secondo: far riaffluire il credito alle imprese, offrendo più garanzie sui prestiti bancari e attivando canali non bancari. Terzo: intraprendere un percorso di riduzione del peso fiscale che oggi grava fortemente sul lavoro e sulle imprese. A questo riguardo bisogna ridurre significativamente il cuneo fiscale, dal momento che è di oltre 12 punti superiori alla media OCSE, e alleggerire la pressione fiscale sui redditi più bassi.
Sono tutti interventi importanti, ma per attuarli ci vogliono risorse. Il problema è dove trovarle. I margini a disposizione nel bilancio sono molto esigui, non c’è da illudersi, e l’ho già detto. Allo stesso tempo non si possono continuare ad apporre tagli lineari o semi lineari, né si può pensare di aumentare ulteriormente la tassazione. Per reperire nuove risorse, c’è in realtà bisogno di una discontinuità profonda nelle politiche pubbliche fin qui attuate. È una strada obbligata e che comporta una profonda ricomposizione e ristrutturazione dei nostri programmi di spesa pubblica. Si chiama spending review nell’uso corrente. E’ una espressione molto usata, se ne parla molto, ma in pratica sinora non è stato fatto nulla.
C’è invece da metterla in pratica, e da subito. Soprattutto vanno poste con chiarezza le opzioni possibili; per esempio che cosa si può e si deve ridurre a livello di pressione fiscale su lavoro e imprese e come le si vogliono coprire, attraverso quali tagli e ricomposizioni della spesa pubblica. A questo riguardo, l’appuntamento decisivo sarà proprio la prossima legge di stabilità, che il Governo presenterà in Parlamento entro la metà di ottobre. È in quella sede che andranno presentate le priorità, in anticipo, sia degli obiettivi che si vogliono perseguire sia delle risorse da stanziare per le coperture.
Il Partito Democratico si adopererà perché questo appuntamento assuma questa grande rilevanza, proprio per sfruttare l’opportunità della ripresa e favorire l’uscita definitiva dalla recessione. Un corollario non trascurabile è che ci si potrà mettere nelle migliori condizioni anche per giocare la nostra partita in Europa, spingendo per un cambiamento della politica economica europea che richiede modifiche profonde, e cercando di sfruttare pienamente quella clausola di flessibilità nelle spese in conto capitale concessaci da Bruxelles, ma che per ora è rimasta sulla carta.
A questo punto è chiaro che le scelte del Governo nelle prossime settimane saranno decisive per consolidare i segnali positivi, per ora pochi, registrati dalla nostra economia.
Potremmo essere realmente ad un punto di svolta nella crisi, a patto di non sprecare le opportunità esistenti. Ed è altrettanto chiaro che una crisi di governo a questo punto e l’instabilità politica che ne seguirebbe produrrebbero costi drammatici, perché rischierebbero di vanificare gran parte dei risultati fin qui raggiunti.
Signora Presidente, per le ragioni qui sinteticamente riassunte, il voto del Partito Democratico sarà convintamente favorevole per l’approvazione del Rendiconto generale 2012 e dell’Assestamento di bilancio per l’anno finanziario 2013. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Azzollilli).